1942 DICEMBRE - MESKOFF E CERKOWO Sacrificio e Gloria, ONORE E MORTE:
Bersagliere ha cento Penne.
In Memoria del Caporale Maggiore
NOVELLO EDENZIO 3° Reggimento Bersaglieri - DISPERSO nei tragici giorni di Meskoff 19 dicembre
1942
Non sfugge alla logica del periodo e viene
arruolato in arme presso il 3° reggimento bersaglieri e dopo l’addestramento
parte.
Le poche tracce che ci
raccontano di lui sono scritte nella Voce del Parroco, sappiamo che è in
licenza nell’agosto del 1942: Edenzio è a casa e ha l’onore di portare il baldacchino
nuovo, lui ed altri cinque soldati (Mascheroni
Angelo, silurista
in divisa di marinaio per la marina; Battistella Pietro in divisa di
aviatore per l’aviazione; Tresoldi Massimo per il genio pontieri; Colombo
Carlo e Saporiti Lorenzo per la fanteria) hanno il compito di condurre lungo le vie del Paese,
il sacro Drappo testè voluto dal Don Giovanni. Affiancato da altri militi, facevano da padrino
tenendo un nastro tricolore il mutilato Cap. Bonato Primo e Montalbetti
Eugenio La Madrina era la vedova del Soldato Gaetano Cattaneo Morto in Grecia il 19 aprile 1941.
Nell’Ottobre 1942 Scrive al Don Giovanni (ma non
abbiamo copia della lettera) e lo Stesso signor Curato comunicava alla popolazione
dei suoi soldati: “ Finora tutti bene, parecchi dei nostri però si trovano in
combattimenti in Russia ed in Africa, ultima notizia certa è data al Don
Giovanni nel Novembre 1942, una lettera di poche parole che contiene l’amarezza
del momento e lo stato in cui trova quella povera gente: «vivono in capanne
fatte di letame di mucca, vi si sente un odore che non vi si può entrare». Poi
l’oblio.
Era alla data della battaglia di Meskoff Caporale Maggiore del 3° Reggimento Bersaglieri.
Nessuno conosce la storia del 3°
reggimento Bersaglieri? del suo sacrificio in Russia? Del suo annientamento nel
dicembre del 1942? Il racconto delle vicende è riassunto in molti libri di
memorie dai quali ho preso stralci, che ci faranno capire, in quale spirale di
sofferenza e di violenza si ritrovarono i nostri ragazzi, racconto delle loro
gesta, attraverso la voce dei sopravvissuti, rivivendo quei terribili giorni
per ricordare Edenzio, partito e mai tornato, del quale la terra Russa conserva
i suoi umani resti, a noi il compito di non dimenticare:
«Furono mandati in 230mila, a invadere la Russia, per dar lustro a Mussolini, che voleva condividere con
Hitler la “crociata” contro il comunismo sovietico. Con l’arrivo del 1942-43
la spedizione
dell’armata italiana in Russia si trasformò in una immane tragedia,
la peggiore dell’intera guerra. (1) ».
«Il Terzo
Reggimento ebbe la sventura di essere abbandonato al suo destino nei fatidici
giorni del dicembre 1942, sconvolti dallo sfondamento sovietico sulla riva
occidentale del fiume Don e dal caos generatosi in virtù di ciò, accompagnato
da notevoli difficoltà logistiche – ordini tardivi, mancanza di collegamenti,
di carburante, di mezzi – e dalle ulteriori difficoltà causate dal gelo e dalla
neve. La marcia del Terzo, ignaro della grave evoluzione che era in atto, fu
strozzata sulla collina di Meshkovskaya, davanti ad un campanile in fiamme che
divenne l’emblema della battaglia. Impossibilitati ad aprirsi un varco verso la
salvezza, bersaglieri, fanti e artiglieri che componevano la colonna del Terzo
Reggimento in ripiegamento dalla prima linea combatterono e furono costretti ad
arrendersi il mattino del 21 dicembre 1942. Le prime testimonianze giunsero al
rientro dei pochi superstiti dalla prigionia, circa quattro anni dopo gli
eventi narrati(2)».
I dettagli che seguono sono
presi dal volume sulle operazioni delle Unità italiane al Fronte Russo, a cura
USSME (Ufficio Storico - Stato Maggiore dell'Esercito).
Si sottolinea che la Divisione
Celere era rinforzata dalla Legione Croata, che si trovava sulla sua sinistra
(a contatto con la Divisione Torino). La supportavano, inoltre (visto l'ampio
tratto di fronte da difendere), altri reparti: il XXVI Battaglione Mortai (meno
una Compagnia) della Divisione Torino, una Compagnia del CIV Battaglione
Mitraglieri, il LXXIII Gruppo misto del 9° Raggruppamento Artiglieria d'Armata.
Alle sette di mattina del 17 dicembre la
Celere venne investita con violenza nel punto di sutura tra il VI e il XIII
Battaglione (6° Reggimento Bersaglieri).
Gli avversari riuscirono ad
aprirsi un varco nel settore del 6° Reggimento. Alcuni reparti tedeschi di
consistenza del tutto insufficiente vennero dirottati in zona per contenere la
penetrazione sovietica nella valle del fiume Tihaja.
Il 18 dicembre i Sovietici
attaccarono alle tre di mattina nel punto di congiunzione tra la Torino e la
Celere, mentre aerei avversari bombardarono Meškov, sede del Comando
divisionale della Celere.
Ricominciò verso le sette di mattina anche
l'attacco nel settore del 6° Reggimento, al fine di estendere la falla,
aggirare la destra del 3° Reggimento Bersaglieri e raggiungere Meškov.
Per supportare l'ala destra della Divisione
entrò in azione un gruppo di intervento della Divisione Sforzesca, che subì per
tutto il giorno il contrattacco sovietico.
Il 19 dicembre - non essendo giunti i previsti rinforzi - la Celere cercò
di contrattaccare, ma gli avversari attaccarono a loro volta - sia sul fronte
del 6°, sia su quello del 3° Reggimento - vanificando ogni sforzo.
Alle dieci di quel 19 dicembre il 3° Bersaglieri era ancora in linea sul
Don, tenendo le proprie posizioni, nonostante la pressione esercitata dai
Sovietici sul proprio settore di fronte e il pericolo di aggiramento.
Anche Meškov, ormai, era
minacciata.
Alle 14.00 il Comando del XXIX
Corpo d'Armata (da cui, come si è detto, dipendeva anche la Celere) diede
ordine a tutte le Unità di ripiegare sul fiume Tihaja, per disporsi a difesa su
una linea più arretrata.
Tale ordine avrebbe dovuto
raggiungere il 3° Reggimento Bersaglieri tramite il Comando della Divisione
Torino... in quanto il Reggimento si trovava isolato dal resto della Divisione
Celere.
Nel
pomeriggio del 19 dicembre i Sovietici raggiunsero Meškov, e annientarono gran
parte dei Servizi divisionali ivi dislocati.
I reparti corazzati avversari
minacciavano le retrovie dell'intero settore e, causa il rapido evolversi della
situazione, il Comando del XXIX Corpo d'Armata - alle 24.00 del 19.12 - diede
altre disposizioni: occorreva non più fermarsi al fiume Tihaja, ma proseguire
verso sud, in direzione di Kašary. Dopo quest'ultimo comunicato, i collegamenti
con il Comando del XXIX CdA si interruppero.
Per tutto il 20 dicembre non fu
possibile collegarsi con il 3° Reggimento Bersaglieri, con la Legione Croata,
con il 120° Reggimento Artiglieria (della Celere), né con i rinforzi assegnati
a tali reparti.
Oggi sappiamo che il 3° Bersaglieri, la
Legione Croata e i loro rinforzi non riuscirono a superare Meškov, già in mano
sovietica e fortemente presidiata. Insieme alla Legione Croata andarono
all'attacco il XX e il XVIII Battaglione Bersaglieri, nel tentativo di
scacciare gli avversari e aprirsi la strada.
Nella notte tra il 20 e il 21 dicembre -
per non rimanere all'addiaccio - la colonna ripiegò su Kalmikov.
All'alba del 21 il Comando del 3°
Bersaglieri cercò di organizzare la difesa nella località suddetta, ma i
reparti vennero attaccati da est e da sud da formazioni consistenti di
fanteria, supportate da mortai e artiglieria di piccolo calibro.
Quanti - del 3°, della Legione
Croata e degli altri reparti presenti - sopravvissero agli scontri, furono catturati.
I superstiti dalla prigionia furono pochissimi.
I resti della Divisione Celere
(parte del 120° Reggimento Artiglieria e il 6° Reggimento Bersaglieri)
ripiegarono seguendo l'itinerario del cosiddetto Blocco Sud.
A Lui si addice il titolo del
Libro che racconta le vicende del 3° Bersaglieri, e a lui vada il nostro
ricordo, Non dimentichiamolo, non dimentichiamo chi era: un giovane ventenne
che ha sacrificato la sua vita nelle lande fredde e desolate della steppa
russa.
Lascio a Mario Rigoni Stern il
commiato:
«Ho ancora nel naso l’odore che faceva il grasso sul fucile mitragliatore arroventato. Ho ancora nelle orecchie e sin dentro il cervello il rumore della neve che crocchiava sotto le scarpe, gli sternuti e i colpi di tosse delle vedette russe, il suono delle erbe secche battute dal vento sulle rive del Don. Ho ancora negli occhi il quadrato di Cassiopea che mi stava sopra la testa tutte le notti e i pali di sostegno del bunker che mi stavano sopra la testa di giorno. E quando ci ripenso provo il terrore di quella mattina di gennaio quando la Katiuscia, per la prima volta, ci scaraventò addosso le sue settantadue bombarde».
Grazie ai gruppi FB dedicati
all’ARMIR che mi hanno fornito dati e indicazioni.
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