mercoledì 25 settembre 2019


Capitolo III

TOTO DA PEPERANZO
Secolo VIII°
L’arimanno padre dei Peveranzesi



La prima traccia in assoluto – conosciuta – che decreta la presenza del nostro piccolo paese, è data dalla testimonianza contenuta in uno Judicatum[1] che è parte del Codice Diplomatico Longobardo, raccolta di documenti altomedievali italiani dei secoli VIII – XII, oggetto di studi e di analisi continue da parte della comunità scientifica.
Il documento in questione tratta una particolare situazione giuridica e cita nel suo interno gli attori, ovvero i protagonisti della stessa, Toto da Campione e Lucio ed elenca quali testimoni del giudizio altri personaggi tra cui Toto di Peveranza. Il Dejiana ci dice inoltre che “Il documento non ha data certa, secondo lo Schiapparelli fu redatto tra il 721 e il 724[2]. Ne riportiamo qui la parte saliente, che riguarda ovviamente il nostro Avo nella traduzione italiana mentre nella nota a margine il testo integrale in latino[3]: E così come ordinaste a noi, io ho emesso questo nostro giudicato, stando con me uomini idonei quali Totone di peperantzo, Leone e Placemunt, Austremunt, Gamipert e Alto, Alemanni.[4].
La storiografia ufficiale ci consegna una verità assoluta: nulla sappiamo di Toto ovvero Totone[5] di Peperanzo; il documento è senza luogo, quindi non sappiamo dove fosse emanato e il documento dice solo che fa da testimone, ci dice che è di Peperanzo e sappiamo che in quest’epoca non si fanno riferimento a cognomen e che quindi in in un area ristretta dove molti portavano lo stesso nome, era necessario identificarli con il loro luogo di provenienza
        Altresì il termine idoneo ci consegna un uomo libero null’altro ci dice, che può giurare in giudizio e nel giudizio tiene le Parti di chi vince (Totone da Campione), è un uomo libero e basta, non abbiamo altre informazioni, come non possiamo altro che dire che attraverso queste carte di Peperanzo non si può dire niente, solo che era un Toponimo esistente nell’VIII secolo e che un uomo libero di nome Totone aveva lì concentrati i suoi beni.
    La crudezza della verità scientifica ci appare nella sua accuratezza e precisione, ma cercheremo di formulare attraverso i pochi e scarni dati qui contenuti una serie  di ipotesi che non hanno prova alcuna e che sono semplicemente delle suggestioni determinate dalla volontà di capire in quale tempo e in quale area si muovesse Totone di Peperanzo.
Dalla lettura quindi del documento si estrae solo ed in fine il nome di Toto o Totone.  

Direte voi, ma basta un nome per dare corpo ad una storia?

Partiamo da questo: non a tutti è dato avere il nome del proprio paese infrascritto nelle pergamene millenarie  e vediamo dove ci porterà.
Toto, un libero alemanno, indicato nel documento con il nome e il luogo di provenienza, residente nel Seprio, chiamato a testimoniare quale fededegno nella  sentenza su Lucio.  Egli siede insieme ad altri definiti nel testo Idonei Homenis.
Vero è che questo non ci chiarisce quale fosse la sua origine se nativo di Peveranza o li residente.
Quello che però possiamo dedurre da questo documento è che Toto da Peperanzo venisse chiamato a coadiuvare un Giudice. La questione a questo punto dovrebbe riguardare il ruolo di Toto. Quale ruolo ricopriva nella vita quotidiana del Contado, chi erano i Da Peperanzo? 
o   Per analogia Se Toto è da Campelliuni, Toto da Peperanzo ha la stessa genesi, quindi il cognomen è determinato dalla località di provenienza, cioè dal toponimo.
o   Toto è un uomo idoneo, cioè un uomo libero, residente a Peperanzo.
Perciò abbiamo: un libero nelle terre del Seprio, abitante in una piccola comunità rurale, partecipante alla pratica di governo della giustizia nel Complesso territorio della provincia Sepriese che si muove liberamente lungo le vie tracciate e che probabilmente durante l’assenza per partecipare al giudizio vedeva altri amministrare i suoi beni.  
La domanda è: Quale ruolo poteva avere Toto nella Società Longobarda?[6]
Secondo il Bognetti, l’essere nel collegio giudicante di Campione attesta che lo stesso Toto facesse parte di questa classe dirigente e: “Che i giudizii anche per chi risiedeva nella parte nord della iudicaria è verosimile si svolgessero al castrum di Sibrium[7].
Possiamo presupporre che Peperanzo è un Loci che sussiste a prescindere da Toto?
Possiamo ipotizzare, pur non avendo nessuna prova, che la formazione del villaggio, del primo insediamento rurale può essere indicativamente individuata nel periodo di transizione tra il mondo romano e l’invasione dei popoli germanici?
Facciamo un passo indietro….
E’ abitudine raccontare di vicende imperiali e romane che avvolsero queste terre, ma quasi mai si hanno documenti che parlino se non per frammenti di fatti e uomini qui vissuti.
Il I secolo a.C. vede la nostra “provincia” soggetta alla stabilizzazione romana sostituendo e superando le tradizioni celtiche qui presenti già dal IV sec. a.C. Le attività sono concentrate nella conduzione agricola dei suoli e nella continua bonifica per accrescerne la redditività. E’ un’area ricca di terreni fertili e di aziende agricole o ville romane rurali “vici” che governano il territorio sino all’avvento del mondo “barbaro”.
Poche tracce indicano in Cairate, data per esistente nel IV sec a.C.[8], un borgo rurale e tappa della strada di valle in età romana. Ovvio che di Peveranza nemmeno l’ombra. 
Milano o mia cara dopo esser stata capitale, vede Ambrogio nel 374 diventare vescovo e poco dopo vi è la riorganizzazione delle zone rurali con l’insediamento delle Pievi e con la prima organizzazione del Clero[9]. Nel 539, Milano viene distrutta e le guerre imperversano in lungo e in largo lungo le terre lombarde, ma nel 569 i Longobardi entrano in Italia costruendo così un lungo ciclo di tranquillità, Castelseprio diviene un importante centro militare e politico, iniziando così un periodo di espansione e di redistribuzione delle terre requisite ai romani; sono anni dove si consolida la cristianità tra le popolazioni longobarde e si inizia a costruire chiese e oratori dedicati ai SS. Martiri.
Con Goti e Longobardi Castel Seprio fu popolosa: le fonti scritte la ricordano tra le città fortificate, dotate di assetto urbano. Nell’VIII secolo (721), il castello risulta centro amministrativo di un ampio territorio (Giudicaria), che dal lago di Lugano giungeva a sfiorare Milano, governato da funzionari regi. Il titolo di Flavia qualifica la città fortificata nelle monete auree di re Desiderio (756-774) e ne certifica la regalità e il legame con la monarchia[10].
Per la storia del periodo longobardo, alcune note resultano interessanti perché inquadrano quando il nostro avo Toto da Peperanzo ebbe modo e tempo di muoversi in queste terre.
Della Fondazione del Monastero di Santa Maria Assunta in Cairate molto si parla e si suppone che esso sia stato innalzato nel 737, presumibilmente per opera di Manigunda[11] ma tal racconto, derivato dal testamento oggi acclaratamente ritenuto falso viene confermato attraverso le campagne di scavo archelogiche ultime[12] che ci teastimoniano la presenza già in quel epoca di un monastero. Perciò preferiamo rimanere nel campo delle ipotesi e fare una prima congettura su questo assunto: Manigunda (se mai esistita) e Toto erano coevi, vivendo le loro vite in territori confinanti di cereto vi è che il Toto qui vivendo sicuramente tenne contatti con le monache.
Vide quindi Toto la nascita del Monastero, e magari partecipò alle sue prime vicende[13]?
Inoltre ci raccontano gli storici: non dovevano mancare luoghi di culto, come piccoli santuari, recinti o boschi sacri nei quali venivano poste dediche agli dei, sono attestate are con dedica a Diana, Mercurio e Silvano[14].  Si vuole che la presenza di un vicus (Cairate), con cospicuo numero di abitanti, di rango anche elevato, sia testimoniato da reperti rinvenuti in loco[15].
E’ evidente che la presenza di strutture fortificate e di protezione (come ribadiremo nel proseguo) è sicuramente elemento da prendere in considerazione per dare giustificazione alla fondazione di una comunità. L’esistenza di una comunità romana che il Sac. Uberti attesta esser presente da ben 2 secoli prima della nascita di Cristo e fa risalire alla famiglia Albuzia[16] gli permette di affermare l’esistenza di Oppidum e Castrum e gli studi della Dott.sa Mariotti che attestano molto prudentemente, dati i riscontri archeologici e i reperti rinvenuti, una presenza civile, la villa rustica (I-IV secolo d.c.) con possibile contaminazione militare, sono elementi che possono darci molteplici informazioni.
Toto da Peperanzo longobardo visse e agì durante il regno di Liutprando. Non sappiamo però se sopravvisse al suo Re per altri Re. Ci atteniamo quindi a descrive un minimo di costume longobardo per l’uso corrente da loro applicato presso i popoli sottomessi.
Nella fase dello stanziamento Longobardo secolo VI il sistema sociale che ad essi appartiene, il Gewaehr, venne ovviamente applicato anche nelle terre conquistate. Nell'antico diritto germanico, la sovranità risiedeva nel popolo dei liberi, esprimendosi nell'assemblea di tutti coloro che portavano le armi. Derivava da ciò la concezione che la proprietà del suolo conquistato fosse un diritto collettivo, nel quale si potevano affermare delle concessioni, o gewaehren, verso un singolo o verso pluralità di terzi.  Questo organismo si sovrappone al sistema consolidato in età romana. I distretti rurali, forma di organizzazione ereditata degli antichi pagi preromani, ossia quel popolo dai sicuri confini, si vedono oggi “costretti” a versare agli hospites la Tertia del prodotto, equivalente del tributo che versavano al loro padrone romano[17].
Peveranza non fugge da questo schema, agli antichi padroni se ne succedono di nuovi. Nel nostro contesto l’insediamento agricolo coinciderebbe anche con un insediamento che potremmo definire militare, un presidio che poteva avere semplice funzione di guardiania al passaggio delle genti lungo una delle arterie più importanti dell’epoca: la Comum – Sibrium – Novaria. Che qui aveva un suo snodo o diramazione: “L’importanza di Peveranza in quell’epoca era dunque strettamente legata alla necessità di controllare quel tratto di Novaria – Comum che la collegava direttamente a Sibrium, il capoluogo della Jiudiciaria sepriese[18].
Lo stesso Deiana presuppone che il Toponimo “Contrada del Castello[19] presente in Peveranza prefiguri un ipotetico “castello-recinto” che tratteremo in un capitolo successivo. Basti però pensare che non ci si debba illudere di mura e merli, principi o nobili facendo voli pindarici, ma di certo ci si può limitare ad una casa forte utilizzata quale contenitore di raccolti o di persone in caso di pericolo.
Si andava così formando una nuova società in cui conviveva il Longobardo guerriero e il nativo.
La realtà abitativa vedeva rustiche capanne di legno e di paglia, sia arimanno che contadino condivisero questa tipologia, con però la presenza dell’edificio in muratura con funzione tributaria e bellica, primo embrione di un edificato in gran parte di pietra di fiume che anticipa le modalità costruttive dei secoli a venire[20].
Proviamo chiudendo gli occhi a cancellare quello che oggi noi vediamo, e proviamo a tuffarci nel passato: una zona pianeggiante, in prossimità del nascente gradiente collinare prealpino, probabilmente un’area già bonificata e resa produttiva da secoli, un’area estesa che va dal bordo della Valle Olona alle colline prealpine, lungo una linea che collega alcuni centri primari del territorio, vedi Gallarate, Cassano Magnago, CastelSeprio[21].
Possiamo affermare che Peperanzo esisteva già prima di Toto, cioè prima dell’VIII° secolo?[22].
 Pochi frammenti come detto non ci permettono di descrivere quale fosse la realtà del sito, la forma civica, e il legame con i territori limitrofi. Le fonti antiche, come Plinio e Strabone, ci raccontano di questa zona come ricca di vegetazione con area disboscata già in epoca Celtica[23].
Nella fase di transizione tra la società romana e quella medievale, il territorio offriva condizioni per insediamenti umani e per la costruzione di un embrione di polo rurale configurato anche quale possibile «luogo di guardia» nel delicato sistema militare del Seprio.
A Castel Seprio la presenza di un’aristocrazia d’alto rango è attestata da fonti scritte e archeologiche; la cultura longobarda (569- 774) emerge dai rituali funerari e dagli oggetti d’abbigliamento e di corredo. È evidente l’assimilazione, da parte dell’aristocrazia locale e dei funzionari regi che operavano sul territorio, della tradizione romano-cristiana, considerata anche la vicinanza alla capitale Pavia e alle città di Milano e di Como, favorita da una efficiente viabilità[24].
I motivi dell’insediamento in Peveranza? Li supponiamo:
·         Acqua sicura (Rile e Tenore), terre fertili:
Terre queste abbastanza profonde e fresche, considerate di medio impasto, ottime per le coltivazioni, anche estive, avendo uno strato di argilla ancora non ferrettizzata (4 o 5 mt prof.) in grado quindi di trattenere una discreta quantità d’acqua[25].
·         La vicinanza con il vicus/castrum  di Cariate e del Sibrium ove rifugiarsi in caso di pericolo.
·         La necessità di coltivare terre che di volta in volta venivano conquistate alla macchia faceva si che le distanze tra i suddetti centri rendessero difficile il controllo e la loro lavorazione (pensiamo alle distanze da percorrere a piedi, delle sementi da spostare, del bestiame da ricoverare, della raccolta e del controllo dei frutti),  e che conseguenza di ciò fosse stato il bisogno di costruire luoghi intermedi e in posizione tale da poter continuare il lavoro di bonifica e di arricchimento della terra agricola.
·         Infine la posizione strategica lungo l’asse viario che collegava importanti centri di potere poteva far si che si attivasse un posto di cambio cavalli e di sosta per i viaggiatori.  
     Condizioni queste tali da farci costatare come “un caseggiato isolato e non autonomo è una contrata del locus nel cui territorio si trova. Che questa contrata, con un circostante spazio di terra, concorrendo certe cause, e limitatamente a certi effetti, potesse in un determinato momento esser resa autonoma trasformandosi così in luogo non limitato ad una sola famiglia ma a più individui[26]. 
Il villaggio di Peveranza viene definito dagli storici, Loci autonomo, cioè Loci antiqui: aggregati rurali con territorio per capirci è un Locus cioè aggregato di famiglie, di fuochi, luogo abitato e attrezzato[27].
Ma molti sono i quesiti che resteranno senza risposta.




[2] A. Dejana, Longobardi a Peveranza, Associazione Storica ed Archeologica M. Bertolone, Angera; Studi in onore di Mario Bertolone, Ask Edizioni 1982. pgg.153,154,155.
[3] S. GASPARRI e C. LA ROCCA, Carte di Famiglia, Strategie, rappresentazione e memoria del gruppo familiare di Totone di Campione (721-877); Viella 2005; p.312: +  Et quia iussisistitis nouis per indigultuo de Luciune, ut inquireremus de liuertatem eius et de uiolentia quet ei Toto de Campelliuni faceret; et fecemus ipso Totune uenire inante nus cum estum Luciune iudicium auendum. sic interrogamus estum Luciune, si omnis parentes eius fueset liuerus, aut cespes eius, aut per cartula uolere liuertate auere, aut de parentes istius Totuni fueset; set este Lucius profesauet, cot de parentis istius Totuni esseret et fuesset cespes eius, nisi parentes istius Totuni ei liuertate emiseset. et feci istus Luciune dare monimen suum. et erant ipsum monimen de tempore Cuniperti, et ipso monimen contineuat, cot cesseset ei parentes Totuni tres solidos mundium et tres reseruaset ad heredibus suis et p ..... tum et p .........., et iui eos cerca altario liuerus dimiseset. set ante erant ipsas cartolas quam domnus Liutprand in edecto adfixeset, cot sic esset liuerus qui cerca altare esset ductus, comoto qui in quatrouio esset thingatus. et paruet nouis ut non poteret esse liuerus, nisi aldius. et interrogaui ipsus Luciune, quet feceset Totuni aut a parenti eius per trigentas annus; et sic mihi ipsus Lucius profesauet, cot feceset ei operas a prados et a uitis et ambasias per ebdomatas. et interrogaui eos, si feceset ipsas scuuias pro pertinentia aut aliquet pro liuertate; set dixet pro liuerus. et iudicaui ei, ut ostenderet per liueris homenis qualiter diceret, cot fecet istum per trigenta annus pro bona uolontas, nam non pro pertinentiam; set dixet cot menime potere. et pro anima domni regi saluandum dixi, ut diceret quales homenis eius liuertate sauere, ego illus per me diligenter inquirere; set ipsus mihi nullus homine dixet, qui de eius liuertate sauere. et Totoni precibimus, ut amplius ei noua non inponere, nisi cot per trigenta annus fecet. et estius Luciuni iudicauimus, cot fecet Totuni per .XXX. annus, facere et in antea.et sicut precepistis nouis, hec nostrum iudicatum emisemus; iui mecum stante idoneis homenis: Toto de Peperanzo, Leonace et Placemunt, Austremunt, Gamipert et Alto, Alamanni. Il documento in latino ci significa come gli amanuensi erano di matrice romana, come molti  degli officialibus alla corte longobarda.
[4]. S. GASPARRI e C. LA ROCCA, Carte di Famiglia, Strategie, rappresentazione e memoria del gruppo familiare di Totone di Campione (721-877); Viella 2005; p.314.
[5] Mario dalle Carbonare scrive Totone perché è d'uso, quando si trascrive in italiano un nome in latino, usare la denominazione al genitivo (Toto, Totonis = Totone) in S. GASPARRI e C. LA ROCCA, op. cit.; pp 312-314.
[6] G.P. Bognetti, L’età Longobarda, Vol. II pag 458, 1966.
[7]  G.P. Bognetti, L’età longobarda, 1966, vol. II, pg. 458.
[8] G. Sac. Uberti, Memorie antiche e recenti di Cairate e del suo millenario Monastero di Benedettine, Milano 1912, pg.2.
[9] L. Carnelli. G. Cisotto. A. Deiana; Gorla Maggiore biografia di una comunità; Tip. Il guado, MI, 1990. Pg.94.
[10] Parco Archeologico di Castelseprio il castrum e il borgo – Guida dell’antiquarium -, Edizioni ET, 2009 MI. Pg.12.
[11] Felix Olim Lombardia, Studi di Storia Padana in Onore di Giuseppe Martini, Milano 1978: A. Piantanida – Nota sui Beni Terrieri del Monastero di Santa Maria Assunta tra i Secoli XIII e XIV.  
[12]  Gianmarco De Angelis che, tuttavia, dalle recenti campagne di scavo archeologico esce quantomeno confermato nella sostanziale attendibilità storica del contesto di riferimento: di un monastero femminile, cioè, realmente esistente in età longobarda, quando e da chi fosse stato fondato” in Un Monastero nei secoli, Santa Maria Assunta di Cairate: scavi e ricerche. V. Mariotti Mantova 2014.  Pg 216.
[13] Un Monastero nei secoli, Santa Maria Assunta di Cairate: scavi e ricerche. V. Mariotti Mantova 2014. Pg 111-132 . Tenendo ben presente come già in loco esistessero strutture edilizie che gli ultimi studi definiscono essere d’una villa rustica romana, forse dotata di torre e di una zona protetta, guardata da armati tali da far pensare ad un castrum
[14] Presentazione Sala III, età romana,  in Monastero di Cairate, pannello n.6.
[15] Presentazione Sala III, età romana,  in Monastero di Cairate, pannello n.6.
[16] G. Sac. Uberti, op. cit. p. 2.
[17] Pietro Pensa, La presenza dei Longobardi e dei Franchi sul Lario in Rivista di Lecco, 1979, n. 1.
[18] A. Dejana, op. cit. p. 153-155.
[19] Cessato Catasto Lombardo Venero (1856) – Allegato A -.
[20]Pietro Pensa, La presenza dei Longobardi e dei Franchi sul Lario in Rivista di Lecco, 1979, n. 1.
[21] Entrati nella penisola dalle Alpi Giulie e dilagati in breve nella Pianura Padana, i Longobardi si spostavano per gruppi autonomi, le farae, ossia distaccamenti militari di guerrieri legati tra loro da vincoli di parentela e subordinati a un capo (il dux) cui giuravano fedeltà. La distribuzione sul territorio, dopo l'occupazione, fu discontinua innanzitutto a causa del loro scarso numero (100-150mila persone). Per questo non poterono prescindere dall'utilizzare anch'essi come punto di riferimento le città scegliendole, nel momento in cui dovettero procedere all'organizzazione politica e amministrativa del regno, come sedi delle iudiciariae (che a seconda delle fonti sono chiamate anche fines, territoria oppure civitates41). Ad essere prescelte furono le città “che già avevano avuto un qualche rilievo nelle epoche anteriori, in età tardoromana e gota, dislocate lungo le maggiori vie di traffico e fornite di strutture adeguate, oppure dei centri sopraelevati sulla pianura, validi come punto di osservazione e guardia. C. Brandolini E. Percivaldi; op. cit. pg. 3.
[22] Tra gli studiosi di toponomastica prevalgono due indirizzi o propensioni. Vi è chi predilige agganciare i toponimi ai nomi di persona (documentati o ipotizzati), e chi invece valorizza quanto più si può le caratteristiche naturali del territorio. Nosate, Cerro, Nizzolina sono riconducibili alla vegetazione locale; Arnate al torrente che vi passa; Somma alla sua posizione in altura. Ma Sacconago, Magnago, Mornago, Samarate, Cairate quale aggancio giustificativo possono trovare se non a partire dal nome di un antico sconosciuto proprietario locale di 1.500 o 2.000 anni fa? Tutti gli studiosi valorizzano radici tematiche e suffissi, liberando i vocaboli dalle incrostazioni linguistiche più recenti del dialetto e dell’italiano. Essi concordano su alcune idee. La cultura latina è considerata livellatrice dei linguaggi precedenti, incorporando ma più spesso sostituendo vocaboli preesistenti: liguri e celtici nell’Italia nord-occidentale. [22]F. Bertolli A. Iannello,. op. cit. p.. 3.
[23] Presentazione Sala III, età romana,  in Monastero di Cairate, pannello n.6.
[24] Parco Archeologico di Castelseprio il castrum e il borgo – Guida dell’antiquarium -, Edizioni ET, 2009 MI. Pg.29.
[25] Cairate, Monastero di Santa Maria Assunta 14-15 maggio 1994 - Atti del Convegno di Studi, L’alto Milanese nell’età del Ducato, Varese 1995 - G. Fantinato, Le Coltivazioni nella Valle Olona, pgg.171/180.
[26] G.P. Bognetti, Studi sulle origini dei comuni rurali del medioevo, Pavia, 1926, pp. 117-20.
[27] Felix Olim Lombardia, Studi di Storia Padana in Onore di Giuseppe Martini, Milano 1978: A. Piantanida – Nota sui Beni Terrieri del Monastero di Santa Maria Assunta tra i Secoli XIII e XIV.   Emanuela Lanzani Baroni, Simone Sironi – Le più Antiche pergamene del Monastero di S.M.A. di Cairate – Cairate 1999.  G.P. Bognetti, Sulle origini dei comuni rurali del medioevo, Pavia, 1926, pp. 117-20.

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