Capitolo III
TOTO
DA PEPERANZO
Secolo
VIII°
L’arimanno
padre dei Peveranzesi
La prima traccia
in assoluto – conosciuta – che decreta la presenza del nostro piccolo paese, è
data dalla testimonianza contenuta in uno Judicatum[1]
che è parte del Codice Diplomatico Longobardo, raccolta di documenti
altomedievali italiani dei secoli VIII – XII, oggetto di studi e di analisi
continue da parte della comunità scientifica.
Il
documento in questione tratta una particolare situazione giuridica e cita nel
suo interno gli attori, ovvero i protagonisti della stessa, Toto da Campione e
Lucio ed elenca quali testimoni del giudizio altri personaggi tra cui Toto di
Peveranza. Il Dejiana ci dice inoltre che “Il
documento non ha data certa, secondo lo Schiapparelli fu redatto tra il 721 e
il 724”[2].
Ne riportiamo qui la parte saliente, che riguarda ovviamente il nostro Avo
nella traduzione italiana mentre nella nota a margine il testo integrale in
latino[3]: E così come ordinaste a noi, io ho emesso questo nostro giudicato,
stando con me uomini idonei quali Totone di peperantzo, Leone e Placemunt,
Austremunt, Gamipert e Alto, Alemanni.[4].
La
storiografia ufficiale ci consegna una verità assoluta: nulla sappiamo di Toto
ovvero Totone[5]
di Peperanzo; il documento è senza luogo, quindi non sappiamo dove fosse
emanato e il documento dice solo che fa da testimone, ci dice che è di
Peperanzo e sappiamo che in quest’epoca non si fanno riferimento a cognomen e
che quindi in in un area ristretta dove molti portavano lo stesso nome, era
necessario identificarli con il loro luogo di provenienza.
Altresì il termine idoneo ci consegna un uomo libero null’altro ci dice, che può giurare in giudizio e nel giudizio tiene le Parti di chi vince (Totone da Campione), è un uomo libero e basta, non abbiamo altre informazioni, come non possiamo altro che dire che attraverso queste carte di Peperanzo non si può dire niente, solo che era un Toponimo esistente nell’VIII secolo e che un uomo libero di nome Totone aveva lì concentrati i suoi beni.
Altresì il termine idoneo ci consegna un uomo libero null’altro ci dice, che può giurare in giudizio e nel giudizio tiene le Parti di chi vince (Totone da Campione), è un uomo libero e basta, non abbiamo altre informazioni, come non possiamo altro che dire che attraverso queste carte di Peperanzo non si può dire niente, solo che era un Toponimo esistente nell’VIII secolo e che un uomo libero di nome Totone aveva lì concentrati i suoi beni.
La crudezza della
verità scientifica ci appare nella sua accuratezza e precisione, ma cercheremo
di formulare attraverso i pochi e scarni dati qui contenuti una serie di ipotesi che non hanno prova alcuna e che
sono semplicemente delle suggestioni determinate dalla volontà di capire in
quale tempo e in quale area si muovesse Totone di Peperanzo.
Dalla lettura
quindi del documento si estrae solo ed in fine il nome di Toto o Totone.
Direte voi, ma basta un nome per dare corpo ad una storia?
Direte voi, ma basta un nome per dare corpo ad una storia?
Partiamo da questo:
non a tutti è dato avere il nome del
proprio paese infrascritto nelle pergamene millenarie e vediamo dove ci porterà.
Toto,
un
libero alemanno, indicato nel documento con il nome e il luogo di provenienza,
residente nel Seprio, chiamato a testimoniare quale fededegno nella sentenza su Lucio. Egli siede insieme ad altri definiti nel testo Idonei Homenis.
Vero è che questo
non ci chiarisce quale fosse la sua origine se nativo di Peveranza o li
residente.
Quello che però
possiamo dedurre da questo documento è che Toto
da Peperanzo venisse chiamato a coadiuvare un Giudice. La questione a
questo punto dovrebbe riguardare il ruolo di Toto. Quale ruolo ricopriva nella vita quotidiana del Contado, chi erano i Da Peperanzo?
o
Per
analogia Se Toto è da Campelliuni, Toto da Peperanzo ha la stessa genesi,
quindi il cognomen è determinato
dalla località di provenienza, cioè dal toponimo.
o
Toto
è un uomo idoneo, cioè un uomo libero, residente a Peperanzo.
Perciò abbiamo: un
libero nelle terre del Seprio, abitante in una piccola comunità rurale,
partecipante alla pratica di governo della giustizia nel Complesso territorio
della provincia Sepriese che si muove liberamente lungo le vie tracciate e che
probabilmente durante l’assenza per partecipare al giudizio vedeva altri
amministrare i suoi beni.
La domanda è:
Quale ruolo poteva avere Toto nella Società Longobarda?[6]
Secondo il
Bognetti, l’essere nel collegio giudicante di Campione attesta che lo stesso
Toto facesse parte di questa classe dirigente e: “Che i giudizii anche per chi risiedeva nella parte nord della iudicaria
è verosimile si svolgessero al castrum di Sibrium”[7].
Possiamo
presupporre che Peperanzo è un Loci che sussiste a prescindere da Toto?
Possiamo ipotizzare,
pur non avendo nessuna prova, che la formazione del villaggio, del primo
insediamento rurale può essere indicativamente individuata nel periodo di
transizione tra il mondo romano e l’invasione dei popoli germanici?
Facciamo un passo indietro….
E’ abitudine
raccontare di vicende imperiali e romane che avvolsero queste terre, ma quasi
mai si hanno documenti che parlino se non per frammenti di fatti e uomini qui
vissuti.
Il I secolo a.C.
vede la nostra “provincia” soggetta alla stabilizzazione romana sostituendo e
superando le tradizioni celtiche qui presenti già dal IV sec. a.C. Le attività
sono concentrate nella conduzione agricola dei suoli e nella continua bonifica
per accrescerne la redditività. E’ un’area ricca di terreni fertili e di
aziende agricole o ville romane rurali “vici” che governano il territorio sino
all’avvento del mondo “barbaro”.
Poche tracce
indicano in Cairate, data per esistente nel IV sec a.C.[8],
un borgo rurale e tappa della strada di valle in età romana. Ovvio che di
Peveranza nemmeno l’ombra.
Milano o mia cara
dopo esser stata capitale, vede Ambrogio nel 374 diventare vescovo e poco dopo
vi è la riorganizzazione delle zone rurali con l’insediamento delle Pievi e con
la prima organizzazione del Clero[9].
Nel 539, Milano viene distrutta e le guerre imperversano in lungo e in largo
lungo le terre lombarde, ma nel 569 i Longobardi entrano in Italia costruendo
così un lungo ciclo di tranquillità, Castelseprio diviene un importante centro
militare e politico, iniziando così un periodo di espansione e di redistribuzione
delle terre requisite ai romani; sono anni dove si consolida la cristianità tra
le popolazioni longobarde e si inizia a costruire chiese e oratori dedicati ai
SS. Martiri.
“Con Goti e Longobardi Castel Seprio fu
popolosa: le fonti scritte la ricordano tra le città fortificate, dotate di
assetto urbano. Nell’VIII secolo
(721), il castello risulta centro amministrativo di un ampio territorio
(Giudicaria), che dal lago di Lugano giungeva a sfiorare Milano, governato da
funzionari regi. Il titolo di Flavia qualifica la città fortificata nelle
monete auree di re Desiderio (756-774) e ne certifica la regalità e il legame
con la monarchia”[10].
Per la storia del
periodo longobardo, alcune note resultano
interessanti perché inquadrano quando il
nostro avo Toto da Peperanzo ebbe modo e tempo di muoversi in queste terre.
Della Fondazione
del Monastero di Santa Maria Assunta in Cairate molto si parla e si suppone che
esso sia stato innalzato nel 737, presumibilmente per opera di Manigunda[11]
ma tal racconto, derivato dal testamento oggi acclaratamente ritenuto falso
viene confermato attraverso le campagne di scavo archelogiche ultime[12]
che ci teastimoniano la presenza già in quel epoca di un monastero. Perciò preferiamo
rimanere nel campo delle ipotesi e fare una prima congettura su questo assunto:
Manigunda (se mai esistita) e Toto erano coevi, vivendo le loro vite in
territori confinanti di cereto vi è che il Toto qui vivendo sicuramente tenne
contatti con le monache.
Vide quindi Toto
la nascita del Monastero, e magari partecipò alle sue prime vicende[13]?
Inoltre ci
raccontano gli storici: non dovevano
mancare luoghi di culto, come piccoli santuari, recinti o boschi sacri nei
quali venivano poste dediche agli dei, sono attestate are con dedica a Diana,
Mercurio e Silvano[14]. Si vuole che la presenza di un vicus (Cairate),
con cospicuo numero di abitanti, di rango anche elevato, sia testimoniato da
reperti rinvenuti in loco[15].
E’ evidente che la
presenza di strutture fortificate e di protezione (come ribadiremo nel proseguo)
è sicuramente elemento da prendere in considerazione per dare giustificazione
alla fondazione di una comunità. L’esistenza di una comunità romana che il Sac.
Uberti attesta esser presente da ben 2 secoli prima della nascita di Cristo e
fa risalire alla famiglia Albuzia[16]
gli permette di affermare l’esistenza di Oppidum
e Castrum e gli studi della Dott.sa
Mariotti che attestano molto prudentemente, dati i riscontri archeologici e i
reperti rinvenuti, una presenza civile, la villa rustica (I-IV secolo d.c.) con
possibile contaminazione militare, sono elementi che possono darci molteplici
informazioni.
Toto
da Peperanzo
longobardo visse e agì durante il regno di Liutprando. Non sappiamo però se
sopravvisse al suo Re per altri Re. Ci atteniamo quindi a descrive un minimo di
costume longobardo per l’uso corrente da loro applicato presso i popoli
sottomessi.
Nella fase dello
stanziamento Longobardo secolo VI il sistema sociale che ad essi appartiene, il
Gewaehr, venne ovviamente applicato
anche nelle terre conquistate. Nell'antico diritto germanico, la sovranità risiedeva nel
popolo dei liberi, esprimendosi nell'assemblea di tutti coloro che portavano le
armi. Derivava da ciò la concezione che la proprietà del suolo conquistato
fosse un diritto collettivo, nel quale si potevano affermare delle concessioni,
o gewaehren, verso un singolo o verso
pluralità di terzi. Questo
organismo si sovrappone al sistema consolidato in età romana. I distretti
rurali, forma di organizzazione ereditata degli antichi pagi preromani, ossia
quel popolo dai sicuri confini, si vedono oggi “costretti” a versare agli
hospites la Tertia del prodotto, equivalente del tributo che versavano al loro
padrone romano[17].
Peveranza non
fugge da questo schema, agli antichi padroni se ne succedono di nuovi. Nel nostro
contesto l’insediamento agricolo coinciderebbe anche con un insediamento che
potremmo definire militare, un presidio che poteva avere semplice funzione di
guardiania al passaggio delle genti lungo una delle arterie più importanti
dell’epoca: la Comum – Sibrium – Novaria.
Che qui aveva un suo snodo o diramazione: “L’importanza
di Peveranza in quell’epoca era dunque strettamente legata alla necessità di
controllare quel tratto di Novaria – Comum che la collegava direttamente a
Sibrium, il capoluogo della Jiudiciaria sepriese”[18].
Lo stesso Deiana
presuppone che il Toponimo “Contrada del
Castello”[19]
presente in Peveranza prefiguri un ipotetico “castello-recinto” che tratteremo in un capitolo successivo. Basti
però pensare che non ci si debba illudere di mura e merli, principi o nobili
facendo voli pindarici, ma di certo ci si può limitare ad una casa forte
utilizzata quale contenitore di raccolti o di persone in caso di pericolo.
Si andava così
formando una nuova società in cui conviveva il Longobardo guerriero e il nativo.
La realtà
abitativa vedeva rustiche capanne di legno e di paglia, sia arimanno che contadino
condivisero questa tipologia, con però la presenza dell’edificio in muratura
con funzione tributaria e bellica, primo embrione di un edificato in gran parte
di pietra di fiume che anticipa le modalità costruttive dei secoli a venire[20].
Proviamo chiudendo
gli occhi a cancellare quello che oggi noi vediamo, e proviamo a tuffarci nel
passato: una zona pianeggiante, in prossimità del nascente gradiente collinare
prealpino, probabilmente un’area già bonificata e resa produttiva da secoli,
un’area estesa che va dal bordo della Valle Olona alle colline prealpine, lungo
una linea che collega alcuni centri primari del territorio, vedi Gallarate,
Cassano Magnago, CastelSeprio[21].
Possiamo affermare
che Peperanzo esisteva già prima di
Toto, cioè prima dell’VIII° secolo?[22].
Pochi frammenti come detto non ci permettono
di descrivere quale fosse la realtà del sito, la forma civica, e il legame con
i territori limitrofi. Le fonti antiche,
come Plinio e Strabone, ci raccontano di questa zona come ricca di vegetazione
con area disboscata già in epoca Celtica[23].
Nella fase di
transizione tra la società romana e quella medievale, il territorio offriva
condizioni per insediamenti umani e per la costruzione di un embrione di polo
rurale configurato anche quale possibile «luogo di guardia» nel delicato
sistema militare del Seprio.
“A Castel Seprio la presenza di
un’aristocrazia d’alto rango è attestata da fonti scritte e archeologiche; la
cultura longobarda (569- 774) emerge dai rituali funerari e dagli oggetti
d’abbigliamento e di corredo. È evidente l’assimilazione, da parte
dell’aristocrazia locale e dei funzionari regi che operavano sul territorio,
della tradizione romano-cristiana, considerata anche la vicinanza alla capitale
Pavia e alle città di Milano e di Como, favorita da una efficiente viabilità”[24].
I motivi
dell’insediamento in Peveranza? Li supponiamo:
·
Acqua
sicura (Rile e Tenore), terre fertili:
Terre queste abbastanza profonde e fresche, considerate
di medio impasto, ottime per le coltivazioni, anche estive, avendo uno strato
di argilla ancora non ferrettizzata (4 o 5 mt prof.) in grado quindi di trattenere
una discreta quantità d’acqua[25].
·
La vicinanza con il vicus/castrum di Cariate e del Sibrium ove rifugiarsi in
caso di pericolo.
·
La necessità di coltivare terre che di volta in
volta venivano conquistate alla macchia faceva si che le distanze tra i
suddetti centri rendessero difficile il controllo e la loro lavorazione
(pensiamo alle distanze da percorrere a piedi, delle sementi da spostare, del
bestiame da ricoverare, della raccolta e del controllo dei frutti), e che conseguenza di ciò fosse stato il
bisogno di costruire luoghi intermedi e in posizione tale da poter continuare
il lavoro di bonifica e di arricchimento della terra agricola.
·
Infine la posizione strategica lungo l’asse viario
che collegava importanti centri di potere poteva far si che si attivasse un
posto di cambio cavalli e di sosta per i viaggiatori.
Condizioni queste tali da farci costatare
come “un caseggiato isolato e non autonomo è una contrata del locus
nel cui territorio si trova. Che questa contrata, con un circostante spazio di
terra, concorrendo certe cause, e limitatamente a certi effetti, potesse in un
determinato momento esser resa autonoma trasformandosi così in luogo non
limitato ad una sola famiglia ma a più individui[26].
Il villaggio di Peveranza viene definito dagli storici, Loci autonomo, cioè Loci antiqui: aggregati rurali con territorio per capirci è un Locus
cioè aggregato di famiglie, di fuochi, luogo abitato e attrezzato[27].
Ma
molti sono i quesiti che resteranno senza risposta.
[1] http://www.oeaw.ac.at/imafo/ressourcen/quellen-zur-langobardengeschichte/langobardische-urkunden/codice-diplomatico-longobardo-cdl-1/kopial-ueberlieferte-urkunden/48-82/#c3367: 81. IUDICATUM.[1] 721-744? p.
2367237/238 Copia del secolo VIII, Archivio di Stato in Milano.+ .
[2] A.
Dejana,
Longobardi a Peveranza, Associazione
Storica ed Archeologica M. Bertolone, Angera; Studi in onore di Mario Bertolone,
Ask Edizioni 1982. pgg.153,154,155.
[3]
S. GASPARRI
e C. LA ROCCA, Carte di Famiglia, Strategie, rappresentazione e memoria del
gruppo familiare di Totone di Campione (721-877); Viella 2005; p.312: + Et quia
iussisistitis nouis per indigultuo de Luciune, ut inquireremus de liuertatem
eius et de uiolentia quet ei Toto de Campelliuni faceret; et fecemus ipso
Totune uenire inante nus cum estum Luciune iudicium auendum. sic interrogamus
estum Luciune, si omnis parentes eius fueset liuerus, aut cespes eius, aut per
cartula uolere liuertate auere, aut de parentes istius Totuni fueset; set este
Lucius profesauet, cot de parentis istius Totuni esseret et fuesset cespes eius,
nisi parentes istius Totuni ei liuertate emiseset. et feci istus Luciune dare
monimen suum. et erant ipsum monimen de tempore Cuniperti, et ipso monimen
contineuat, cot cesseset ei parentes Totuni tres solidos mundium et tres
reseruaset ad heredibus suis et p ..... tum et p .........., et iui eos cerca
altario liuerus dimiseset. set ante erant ipsas cartolas quam domnus Liutprand
in edecto adfixeset, cot sic esset liuerus qui cerca altare esset ductus,
comoto qui in quatrouio esset thingatus. et paruet nouis ut non poteret esse
liuerus, nisi aldius. et interrogaui ipsus Luciune, quet feceset Totuni aut a
parenti eius per trigentas annus; et sic mihi ipsus Lucius profesauet, cot
feceset ei operas a prados et a uitis et ambasias per ebdomatas. et interrogaui
eos, si feceset ipsas scuuias pro pertinentia aut aliquet pro liuertate; set
dixet pro liuerus. et iudicaui ei, ut ostenderet per liueris homenis qualiter
diceret, cot fecet istum per trigenta annus pro bona uolontas, nam non pro
pertinentiam; set dixet cot menime potere. et pro anima domni regi saluandum
dixi, ut diceret quales homenis eius liuertate sauere, ego illus per me
diligenter inquirere; set ipsus mihi nullus homine dixet, qui de eius liuertate
sauere. et Totoni precibimus, ut amplius ei noua non inponere, nisi cot per
trigenta annus fecet. et estius Luciuni iudicauimus, cot fecet Totuni per .XXX.
annus, facere et in antea.et sicut precepistis nouis, hec
nostrum iudicatum emisemus; iui mecum stante idoneis homenis: Toto de
Peperanzo, Leonace et Placemunt, Austremunt, Gamipert et Alto, Alamanni.
Il documento in latino ci
significa come gli amanuensi erano di matrice romana, come molti degli officialibus alla corte longobarda.
[4].
S. GASPARRI e C. LA ROCCA, Carte di Famiglia, Strategie, rappresentazione e
memoria del gruppo familiare di Totone di Campione (721-877); Viella 2005;
p.314.
[5] Mario dalle
Carbonare scrive Totone perché è d'uso, quando si trascrive in italiano un nome
in latino, usare la denominazione al genitivo (Toto, Totonis = Totone) in S.
GASPARRI e C. LA ROCCA, op. cit.; pp 312-314.
[6] G.P.
Bognetti,
L’età Longobarda, Vol. II pag 458, 1966.
[7]
G.P.
Bognetti, L’età longobarda, 1966, vol. II, pg. 458.
[8]
G. Sac. Uberti,
Memorie antiche e recenti di Cairate e del suo millenario Monastero di
Benedettine, Milano 1912, pg.2.
[9] L.
Carnelli. G. Cisotto. A. Deiana; Gorla Maggiore biografia di una comunità; Tip. Il
guado, MI, 1990. Pg.94.
[10]
Parco
Archeologico di Castelseprio il castrum e il borgo – Guida dell’antiquarium -,
Edizioni ET, 2009 MI. Pg.12.
[11] Felix Olim
Lombardia, Studi di Storia Padana in Onore di Giuseppe Martini, Milano 1978: A.
Piantanida – Nota sui Beni Terrieri del Monastero di Santa Maria Assunta tra i
Secoli XIII e XIV.
[12]
Gianmarco De Angelis “che, tuttavia,
dalle recenti campagne di scavo archeologico esce quantomeno confermato nella
sostanziale attendibilità storica del contesto di riferimento: di un monastero
femminile, cioè, realmente esistente in età longobarda, quando e da chi fosse
stato fondato” in Un Monastero nei secoli, Santa Maria Assunta di Cairate:
scavi e ricerche. V. Mariotti Mantova 2014.
Pg 216.
[13] Un Monastero nei
secoli, Santa Maria Assunta di Cairate: scavi e ricerche. V. Mariotti Mantova
2014. Pg 111-132 . Tenendo ben presente come già in loco esistessero strutture
edilizie che gli ultimi studi definiscono essere d’una villa rustica romana,
forse dotata di torre e di una zona protetta, guardata da armati tali da far
pensare ad un castrum
[14] Presentazione
Sala III, età romana, in Monastero di
Cairate, pannello n.6.
[15] Presentazione
Sala III, età romana, in Monastero di
Cairate, pannello n.6.
[16] G.
Sac. Uberti,
op. cit. p. 2.
[17] Pietro Pensa, La presenza dei Longobardi e dei Franchi sul Lario in Rivista di Lecco, 1979, n. 1.
[18] A. Dejana, op. cit. p. 153-155.
[19] Cessato Catasto
Lombardo Venero (1856) – Allegato A -.
[20]Pietro Pensa, La
presenza dei Longobardi e dei Franchi sul Lario in Rivista di Lecco, 1979, n. 1.
[21]
Entrati
nella penisola dalle Alpi Giulie e dilagati in breve nella Pianura Padana, i
Longobardi si spostavano per gruppi autonomi, le farae, ossia distaccamenti
militari di guerrieri legati tra loro da vincoli di parentela e subordinati a
un capo (il dux) cui giuravano fedeltà. La distribuzione sul territorio, dopo
l'occupazione, fu discontinua innanzitutto a causa del loro scarso numero
(100-150mila persone). Per questo non poterono prescindere dall'utilizzare
anch'essi come punto di riferimento le città scegliendole, nel momento in cui
dovettero procedere all'organizzazione politica e amministrativa del regno,
come sedi delle iudiciariae (che a seconda delle fonti sono chiamate anche
fines, territoria oppure civitates41). Ad essere prescelte furono le città “che
già avevano avuto un qualche rilievo nelle epoche anteriori, in età tardoromana
e gota, dislocate lungo le maggiori vie di traffico e fornite di strutture
adeguate, oppure dei centri sopraelevati sulla pianura, validi come punto di osservazione
e guardia. C. Brandolini E. Percivaldi; op. cit. pg. 3.
[22]
Tra gli
studiosi di toponomastica prevalgono due indirizzi o propensioni. Vi è
chi predilige agganciare i toponimi ai nomi di persona (documentati o
ipotizzati), e chi invece valorizza quanto più si può le caratteristiche
naturali del territorio. Nosate, Cerro, Nizzolina sono riconducibili alla
vegetazione locale; Arnate al torrente che vi passa; Somma alla sua posizione
in altura. Ma Sacconago, Magnago, Mornago, Samarate, Cairate quale aggancio
giustificativo possono trovare se non a partire dal nome di un antico
sconosciuto proprietario locale di 1.500 o 2.000 anni fa? Tutti gli studiosi
valorizzano radici tematiche e suffissi, liberando i vocaboli
dalle incrostazioni linguistiche più recenti del dialetto e dell’italiano. Essi
concordano su alcune idee. La cultura latina è considerata livellatrice dei
linguaggi precedenti, incorporando ma più spesso sostituendo vocaboli
preesistenti: liguri e celtici nell’Italia nord-occidentale. [22]F. Bertolli A. Iannello,. op. cit. p.. 3.
[23] Presentazione
Sala III, età romana, in Monastero di
Cairate, pannello n.6.
[24] Parco
Archeologico di Castelseprio il castrum e il borgo – Guida dell’antiquarium -,
Edizioni ET, 2009 MI. Pg.29.
[25] Cairate, Monastero di Santa Maria Assunta 14-15 maggio 1994 - Atti del
Convegno di Studi, L’alto Milanese nell’età del Ducato, Varese 1995 - G.
Fantinato, Le Coltivazioni nella Valle Olona, pgg.171/180.
[26] G.P. Bognetti, Studi sulle
origini dei comuni rurali del medioevo, Pavia, 1926, pp. 117-20.
[27] Felix Olim
Lombardia, Studi di Storia Padana in Onore di Giuseppe Martini, Milano 1978: A.
Piantanida – Nota sui Beni Terrieri del Monastero di Santa Maria Assunta tra i
Secoli XIII e XIV. Emanuela Lanzani
Baroni, Simone Sironi – Le più Antiche pergamene del Monastero di S.M.A. di
Cairate – Cairate 1999. G.P. Bognetti, Sulle origini dei comuni rurali
del medioevo, Pavia, 1926, pp. 117-20.
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