Capitolo XXXX
LE PRIME TRACCE
VISIBILI DELL’ABITATO
– il Catasto di Maria
Teresa ovvero di Carlo VI – 1722/1760 -
Il Catasto
Teresiano o Catasto di Carlo VI fu una monumentale opera di censimento di
tutte le proprietà fondiarie del Ducato di Milano svoltasi in un arco
temporale di quasi cinquant'anni, dal 1718 al 1760.
La Storia però
può piegare a suo uso questi strumenti fiscali, e depurandoli da questo
contesto Vessatorio, permetterci di
ricostruire la società dell’epoca, attraverso le mappe, gli elenchi di nomi e
famiglie, le coltivazioni e il territorio; consegnandoci così, all’alba del
XVIII° secolo, una fotografia veritiera di una società non ancora trasformata e
ancora figlia immutata dei secoli precedenti .
Il nuovo sistema
censuario venne ufficialmente avviato, nel 1718, da un'apposita commissione
di lavoro nominata da Carlo VI, composta da funzionari di origine non
milanese, per salvaguardare la neutralità e l'oggettività dei dati. I rilievi
furono in gran parte realizzati tra gli anni 1722 e 1723, ma il
complesso lavoro di restituzione grafica e di formazione e correlazione dei
registri immobiliari, oltre a successive interruzioni per cause politiche,
procrastinarono l'entrata in vigore del catasto al 1760, sotto il governo
dell'Imperatrice Maria Teresa.Ma
quello che il primo tassatore vuole non sempre i tassatori minori accettano, e
allora, i nobili tutti, cercarono in tutti i modi di contrastare il metodo,
perché? molto semplice, avere il possesso di enormi possedimenti fondiari
nell'area del milanese voleva dire ricche prebende e altrettanto pesanti tasse,
aggiungiamo che avevano anch’essi l’atavico vizietto italiano della “mancia” abituati
com’erano a gestire i rilievi catastali attraverso la corruzione dei funzionari
i locali agrimensori e che gli austriaci capita presto la manfrina, si
guardaron bene da usare, utilizzando invece dei foresti, a grave discapito dei
nobilastri che così si ritrovarono in braghe di tela… scusate si trovarono in
braghe di tela i soliti massari che videro aumentati i livelli o affitti che
dir si voglia..
Quanto
strutturato dagli austriaci, viene definito oggi un catasto geometrico
particellare, fatto che per l'epoca costituì una vera e propria innovazione,
grazie anche alle attente misurazioni anche delle più piccole proprietà,
rappresentate in ogni loro minima parte: per ognuna di esse veniva indicato il
proprietario, la destinazione di coltura e la stima. Sulla base di queste
valutazioni, veniva stabilito l'imponibile per ogni contribuente, parlo un
linguaggio moderno per capirci, non stò qui a discutere di gabelle, dazi, e
privilegi, o forme fiscali del periodo, vediamo così quali grandi proprietà
erano presenti nel nostro territorio.
Non vogliamo qui
fare l’elenco di proprietà di questo o di quello, se serve a qualcuno vi sono
gli Archivi dello Stato depositari di atti e registri, a noi interessa dare
informazione sulle nostre genti e sulla loro vita.
Nella prima
stesura delle mappe a margine delle stesse troviamo un sommario delle proprietà
terriere, dove si elencano, chi le possiede, cosa possiede, quali culture vi
sono e le quantità espresse in pertiche milanesi. Per i fabbricati dovremo
attendere i sommari del 1750, e si perché nel frattempo si guerreggiava, poteva
mancare una guerra?
Tra i principali
possessori (che non coincidono con chi li utilizza) troviamo:
Canonico Conti (Filippo)
Federico, Beneficio con 92,09 Pertiche
Canonico Appiani
Carlo, Beneficio con 157,61 Pertiche
Canonico
Castiglioni Giacomo Antonio, Beneficio con 262, 35 Pertiche
Marchese Casnedi
Francesco Maria con 107,34 Pertiche
Marchese Magenta
Lodovico con 537,08 Pertiche
Pia Casa di Santa
Valeria in Milano con 324,87 Pertiche
RR.MM. di San
Martino di Varese[1] con
258,12 Pertiche
Pari a 1739,46
Pertiche
Il Totale del territorio di Peveranza
corrispondeva ad un estensione di 2.198 pertiche. La quantità delle
particelle cioè delle pezze di terra e dei sedimi di case rurali o mappali è in
numero di 334.
Quindi quello che
si evince, è come nelle mani di pochi, vi siano ingenti proprietà, vero, ma
siccome non stiamo facendo un saggio sociologico, a noi interessa sapere per esempio
che le proprietà del Canonico Castiglioni Giacomo, del Canonico Appiani (di
Castiglione) e del Canonico Conti (di Castiglione) siano riconducibili alle
Cappellanie di Castiglione e ai nobili Castiglioni qui finalmente quantificate,
ci confermano quello che avevamo scritto e cioè che nel corso dei secoli nel
nostro territorio gli interessi della famiglia erano tali da giustificare
eccome, la costituzione di un patronato e quindi sostenere economicamente il
luogo; sicuro è che l’intreccio di parentele e di matrimoni d’interesse sia
alla base anche delle altre due grandi liste di proprietà facenti capo ai
Magenta (guarda caso residenti in Castiglione) e ai Casnedi, dando così l’idea
di un grande ed importante patrimonio costituitosi nel corso dei secoli.
CASTIGLIONI – Atti notarili, documenti, censimento di di Carlo V,
tutto questo ci attesta la presenza costante della famiglia Castiglioni e dei suoi parenti distribuiti nei vari Enti
Religiosi e a capo dei quali amministrano l’ingente patrimonio terriero. Alcuni
livelli interessanti i beni di Peveranza riferiti alla Cappellania del Corpo di
Cristo e in carico al M. Rev. Co: Carlo Castiglioni: 16 settembre 1780 ci
raccontano: Casa Massaro composta da due
stanze inferiori, e due superiori, e portico uanti li medesimi con suo
superiore sino al tetto incluso, oltre la stalla, e cassina sino al tetto
incluso, ed altro portico a tetto in due campate, che resta lateralmente a
detta stalla, e serve da cassina, sino al tetto incluso sua porzione di corte.
Orto annesso alla detta casa al mappale 185; la casa a muri d’edificio compresi
per metà con Celso e fr.lli Saporiti. A si! chi era il firmatario di questa
enfiteusi: Pietro Antonio Reali con il fratello Gio: del fu Antonio del luogo
di Peveranza.
Individuazione del sedime: Casa d’angolo
di via Bertani/Torino identificata in mappa CT alla particella 329, siccome il
fabbricato è diviso in due unità abitative queste sono contraddistinte dal
subalterno: il sub 1 in possesso ai fratelli Reali, il sub 2 a Celso e fr.lli
Saporiti.
MAGENTA - Il Marchese
ha possedimenti importanti famiglia nobile sin dal 1142[2],
di sicuro si sa che essi sostenevano dagli inizi del 700’ gli oneri delle
cappellanie dei Santi Bernardino e Nicola;
ha questi possedimenti in Peveranza per vicende ereditarie e di parentela con i
Castiglioni stessi, vedasi il matrimonio tra Bianca Lucia e Ludovico Mazenta di cui abbiamo raccontato
precedentemente. La storia della “NOBILE” famiglia ci ricorda come attraverso
un abile politica matrimoniale e soprattutto all’opera di Guido, figlio di
Ludovico[3],
che divenne riscossore di imposte, in altre parole cassiere di parte delle
entrate di Milano, attività che gli frutto molte terre… divennero quello che erano
all’epoca. In pratica questo signore si faceva pagare “a parte” con pezze di
terra le tasse dovute a Milano, mi sembra di capire che non era del tutto
regolare, ma si sa noblesse oblige… e
i nobili sempre onesti e moralmente retti sono.. meditiamo su come si ampliano
i possessi dei nobil’uomini e sulle origini del patrimonio...
APERTA PARENTESI: il più grande furto legalizzato
avvenne ai danni della Chiesa, con le varie leggi di soppressione e confisca
dei beni ecclesiastici perpetrate nel corso dei secoli dalle cosiddette società
illuminate; si cercava di recuperare “pecunia” contante dalla confisca di
questi beni e dalla vendita degli stessi, pensando così di ricavare denaro per
appianare gli asfittici bilanci svuotati dalle continue guerre e guerricciole
che i potenti dell’epoca si inventavano ogni due per tre. Ma nella realtà con
la tipica indolenza italica (non era ancora italia ma lo era nel sangue
di molti) si tramava, si imbrogliava, si corrompeva e quindi si acquistava a
poco prezzo grazie a perizie “generose” questi possedimenti letteralmente rapinati alla Chiesa.
Il Risultato? Scontato! i ricchi sempre più ricchi, e
i poveri? Senza gli enti religiosi che provvedevano al loro sostentamento, sempre
più disperati e affamati.
CASNEDI - Il Casato di questa
famiglia possiede terreni ma non sedimi o edifici, li possiede in vivu alla data del 1722, Francesco Maria[4],
generale d’artiglieria, erede di una famiglia feudataria di molte terre nel
comasco, Marchesi di Nesso, proprietari di territori nel nostro paese e nei
paesi limitrofi ad esempio in Rovate[5]
Bolladello e Cairate; successivamente nel sommario del 1750, troviamo Casnedi
Marchese d’Ottavio q. Francesco Maria[6].
RR.
MADRI DI S. MARTINO di Varese - La
proprietà di terre in Peveranza delle RR. Madri, dovrebbe principiare da
questo atto, di divisione dei beni; è decisamente scritto in modo poco
comprensibile ai più, tratta beni che hanno
origine presumibilmente dall’atto del 1623: 1638 11 marzo, Il Mastro di
Divisione dei cespiti e dei beni stabili tra il Co: (Conte) (Antonio) Carlo Cicogna come padre e legittimo
Amministratore dei beni di Co. Francesco
Sforza, e i figli Gaettano et Ascanio,
e la Signora Contessa Bianca M.a Torriana
Vedova del Signor Conte Pietro Francesco
Porro; Vi è poi elenco di altri tal Matteo
Roale del quale passa l’intero Credito alla suddetta, e appare come altra
erede precedente la Marchesa Dorottea
Anelfa Torriana, seguono poi altri fratelli Cicogna figli ed eredi della Signora Contessa Orsola Torriana(i) ai quali tocca parte dell’eredità. in altra parte vi è l’identificazione di beni
e proprietà che parlano dell’eredità della Signora Bianca Lucia Castiglione definita, Signora del Territorio di Peveranza, in atto notarile del 5
gennaio 1656[7]
e riferita alle Signore Contesse Bianca
Maria e Orsola sorelle Torriane
precedentemente elencato in Instrumento
del 22 marzo 1655, consistenti in una casa da Massaro e molte pertiche
di terra, poi rimarcato in un atto di divisione del 29 settembre 1657
alle sorelle Faustina, Contessa Bianca
Maria e Contessa Orsola Torriane
Heredi del fu Marchese Giò Paolo Torriano.
In altro
istrumento del 1 giugno 1676, descrivendo cessioni di pertiche in cambio di
altre, si evince che il Conte Cicogna nel
1672 fece vendita di tutti i suoi beni che aveva in comune di peveranza
con tutte le sue ragioni alle Mto Rde M.M. di S. Martino.
La cessione dei beni dell’eredità Castiglioni alle RR Madri di fatto avviene per tramite del Conte Antonio Carlo Cicogna[8].
L’altra voce che
mi par giusto rilevare e considerare come altrettanto importante, è quella
relativa alle proprietà della PIA CASA di SANTA
VALERIA di MILANO[9] con importanti possedimenti nel nostro territorio.
In un
interessante sommario agli atti dell’Archivio di Stato di Milano oltre ad
elencare i Beni in possesso della Pia Casa, si elencano anche i “fortunati” Livellari,
si delinea così una precisa e reale “fotografia”
di chi lavora e utilizza queste terre e i fabbricati in uso che si affacciano
tra le contrade del Castello (via Castelfidardo) e della Chiesa (via Bertani)
oggi corte dei Crosta un tempo detta del Donato.
Risultano affittuari di porzione di casa in corte al n. di mappa 326 sub 1
Crosti Francesco di Domenico, al 326.2 Crosti Domenico di Gerolamo e al 326 sub
3 risulta senza conduttore ovvero affittuario.
NOTA DI SOSTANZA: Leggenda vuole che ci fosse un Convento in Peveranza
identificandolo nell’edificio in fronte alla Chiesa, oggi via Cattaneo civico
15/19, Del quale negli atti non abbiamo trovato traccia; La vulgata vuole che
sia molto antico si parla di Umiliati chissà perché... Vediamo quindi:
I terreni davanti
alla Chiesa appartengono alla Famiglia Castiglioni alcune pertiche vengono
acquistate dai Gallo, precisamene il
conduttore è Gallo Selzo, che nell’aggiornamento
datato 1700, del Catasto di Carlo V viene citato quale compratore di 5 pertiche
di terra Avitata sino ad allora proprietà della Signora Angela Castigliona.
Come si evince dalle tavole censuarie, possiede la casa
colonica ivi insediata e della quale non conosciamo la data di costruzione. Alla
data del 1722 non ha le dimensioni della corte che poi ritroveremo nel Cessato
Catasto del 1856; la casa è a corpo semplice di pianta rettangolare, composta
su almeno due piani e non ha ne corti ne loggiati a fronte trovasi
giardino/orto (particelle 321 casa e particella 79 orto di pertiche 1,9). Sul
lato sud ad essa ed ecco la questione, vi sono terre di proprietà della Pia Casa S. Valeria
(particelle 95 a livello di Carlo Ambrogio Crosti e la 96 a livello Crosti
Domenico, di pertiche 5,5+10,9= 16,4)[10].
L’equivoco è qui,
probabilmente la trasmissione di racconti o di informazioni nel corso degli
anni ha fatto si che da proprietà della Pia Casa a edificio dove risiedevano in
epoca misteriosa delle religiose, il passo sia stato breve.
Aggiungo a
rafforzare tale convinzione che in nessun Atto Ufficiale della Chiesa
Ambrosiana, dal 1280 ad oggi compare in alcun modo la presenza di un Convento
in Peveranza, e come abbiamo potuto vedere, i redattori delle relazioni
Pastorali, i redattori dei censimenti Curiali sono molto precisi, soprattutto
nell’indicare i luoghi di preghiera o le chiese nell’immenso territorio della
Diocesi Milanese lo stesso catasto di Carlo V riporta i beni della chiesa, ma
tace su eventuali altri enti religiosi. In tutte le Visite Pastorali, mai si
segnala o si constata che vi sia una sede religiosa di confraternite “altre”,
anzi il più delle volte alla domanda vi è presenza di case religiose, la
risposta è negativa.
Può trarre in
inganno la planimetria del caseggiato alla data del 1856? A tutti gli effetti
l’idea di claustro c’è tutta, il portale d’ingresso la corte interna a base
quadrata, il passaggio sotto l’ala sud, e lo sbocco verso quella che un tempo
era la campagna con edifici ai margini; ma questa è l’impronta
dell’urbanizzazione ottocentesca, non di secoli precedenti, il confronto tra i
due catasti ci porta proprio qui: nel rilievo del 1722 l’edificio come detto è uno, e a forma
rettangolare con un solo proprietario; nel rilievo del 1856, si trova la forma
complessa con corte quadrata e pluriproprietà. Quindi la trasformazione del
costruito e la parcellizzazione della proprietà, si accompagna con gli sviluppi
positivi che nel corso del tardo 700 e dell’ottocento hanno consentito la crescita
del centro abitato.
Ad avvalorare
ancor di più la nostra ipotesi, vi è un dato interessante contenuto nel registro
dell’Anagrafe del 1853, si individuano i residenti attraverso le principali vie
che attraversano il paese, ma soprattutto con l’individuazione delle corti che
hanno un nome proprio.
Il nome del
complesso abitativo/rurale è Corte del
Gallo, più chiaro di così, se si fosse trattato di odonimo che identifica
il luogo con la tradizione avrebbe dovuto essere corte del convento/conventino
ecc. ecc. ma è Corte del Gallo. Aggiungiamo
noi, forse lo stesso ramo di famiglia Gallo che dava il nome alla Cascina Noel
in Bolladello?
…………………………….
Un altro
importante possedimento è quello che nel registro o sommarione del 1750 cioè
redatto dopo le varie vicissitudini militari Austroeuropee, indica l’Eredità Causa Pia
Cozza amministrata da
Giacomo Negri.
Si tratta di
particelle che individuano molti terreni ed edifici del centro affacciati, per
capirci sulle vie P. Mansueto (sedime del RIALE) e Castelfidardo e in fronte,
lungo l’asse della via Bertani, coincidono con i mappali 324 e 325 del catasto
teresiano.
Dal confronto dei
numeri, delle pertiche contenuti nel sommario del 1722 e nel sommario del 1750,
si evince che derivino tutti, dalla proprietà Magenta ma ci manca questo passaggio. Il patrimonio Magenta diviene quindi eredità o Causa Pia Cozza, ma
questa a questa data 1750 (scusate il gioco di parole), è nelle mani di
esecutori testamentari che sono i sign. Giacomo Negri e Francesco Rosnati.
Un interessante
Livello del 10 luglio 1767[11],
ci racconta come alcuni possedimenti della Causa
Pia Cozza vengono consegnati ai fratelli Carlo, Giuseppe e Benedetto Crosti livellari, alla
voce 16 dell’elenco, si consegna parte
della casa massarizia detta La Colombaia; entrando da detta porta
con mano sinistra, in comune con i livellari dell’altra parte di casa, vi è stalla, con superiore cascina aperta,
solamente con otto pilastri che servono a sostenere il tetto, avanti a detta
stalla vi è portico comune, poi edificio a ponente che confina con il Riale;
Qui si trova un locale a volte usato come cantina, la cucina con camino e
forno, al piano superiore tramite scala si accede al portico e locali vari;
pozzo in comune con altri livellari della corte. I Livellari hanno inoltre la
possibilità di attraversare il Riale,
tramite ponte di legno, Porzione di corte, orto, ed aia, nell’orto
troviamo Moroni (3) Marenne, fichi (2) e Piedi de viti da vino (7+ 10 mezzani).
Altro dato importante, derivato da atti successivi, questa è la corte
detta dei Roncasiti o Roncascini[12].
Le altre
proprietà invece? erano distribuite tra piccoli possidenti e le Cure di
Peveranza, Bolladello, Rovate; Qualche pertica era in possesso delle Monache di
Cairate, delle Monache di San Michele in Gallarate e del Venerando Capitolo di
Gallarate, nonché i RR.PP. Conventuali di Biumo sopra Varese.
[1] Monastero di San
Martino, benedettine (1237-1798); Inizialmente
casa per umiliati di entrambi i sessi, fondata da Francesco da Fossato, il
monastero fu completato nel 1236. Fu soppresso nel 1798, in esecuzione del
decreto del direttorio esecutivo della repubblica cisalpina 19 brumale anno
VII. . http://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/soggetti-produttori/ente/MIDB000521/
[2] E. Cazzani, op. cit. pg. 634.
[3] il
nome si tramanda di padre in figlio.
[4] Francesco Maria
Muore nel 1660, eppure compare ancora il suo nome nel censimento dei
possessori, infatti nella verifica successiva appare il di lui figlio quale
erede.
[5] G. Fimmanò, A.P.
Guenzani, Rovate nel passato: i fatti, il territorio, le famiglie, ed. Colarco,
2003 .pg.38.
[6]
Nella seconda metà del XVIII secolo, si estinsero sia il ramo
primogenito dei marchesi Clerici di Copreno, sia il ramo dei marchesi Casnedi
di Birago, oltre a un ramo dei Birago.
[7] ASMi. Archivio
generale del Fondo di Religione, Pezzo 3895.
[8]
Conte
Antonio Carlo n. 4-8-1618 +6-10-1690. Giureconsulto Collegiato nel 1650 Sposa
il 31-8-1650 Orsola Torriani. Da Albero genealogico Famiglia Cicogna-Mozzoni.
[9]Ricovero di Santa Valeria, convertite (1532-1798); Secondo
una breve "cronaca" stampata su foglio volante, pubblicata forse nel
primo trentennio del Settecento dai deputati amministratori di Santa Valeria e
riportata integralmente dal Latuada per conservarne memoria, nel 1532 alcuni
cittadini milanesi di agiata condizione sociale risolsero di dare la
possibilità alle donne in difficoltà di trovare assistenza acquistando per loro
una casa situata presso la chiesa di Santa Valeria, da cui il ricovero prese il
nome. L'anno successivo il duca Francesco II Sforza riconobbe ufficialmente
l'istituzione con apposito privilegio, affidandone l'amministrazione ad alcuni
deputati.Nel 1535 sempre un diploma ducale concesse alle ricoverate di poter
uscire dal ricovero o di rimanervi vita natural durante; a queste ultime venne
data una regola da seguire. Nel 1539 i deputati ottennero dall'imperatore Carlo
V di poter accedere al beneficio dei luoghi pii secolari della città. Il
ricovero s'allargò nel tempo e a partire dal 1574 circa, all'epoca
dell'arcivescovo Carlo Borromeo, accolse anche, per volontà del presule,
monache velate che avevano mancato ai voti e dato scandalo; fu qui che nel
secolo successivo fu rinchiusa la manzoniana "monaca di Monza", suor
Virginia Maria de Leyva (proveniente dal monastero di Santa Margherita), dopo
il processo e la condanna subita (1608), e vi rimase fino al 1622.
http://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/soggetti-produttori/ente/MIDB000521/
[10] A.S.Mi Archivio
Generale del Fondo di Religione Pezzo 2278.
[11]
Archivio
Casa Crosta, la mia amatissima nonna Orlanda mi ha lasciato un enorme archivio
contenente atti, documenti, contratti relativi ai passaggi di proprietà dei
beni di famiglia, tra questi l’originale del Livello. Le proprietà della mia
famiglia derivano quasi tutte per quanto riguarda il territorio di Peveranza da
questi atti che si completarono con l’acquisto del 1771 del mio avo. La
parcellizzazione successiva dovuta a più rami determinati dalla cospicua
figliolanza di costoro, ha portato allo stato odierno delle cose dove il
patrimonio iniziale come detto è frazionato tra più gruppi famigliari.
[12] AFC, Istrumento
di vendita del 30 agosto 1881.
[13] ASMi, Archivio
generale del fondo di Religione, pezza 3895.
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