Capitolo LXII
1854
Il
Catasto Lombardo Veneto
Il
Territorio di Peveranza
Venne realizzato a partire dal 1854 con l'obiettivo
di aggiornare e di avere chiare le idee su cosa tassare, costituendo così le
basi per uno strumento tributario uniforme e comune a tutto il Regno
Lombardo-Veneto. Il ricensimento venne proseguito senza sostanziale
interruzione anche dopo l’unificazione del Regno d’Italia. Si sostituiscono le
tavole del 1722, organizzandole in fogli componibili, colorati ad acquerello
gli edifici, i corsi d'acqua e il reticolo stradale; mentre i terreni coltivati
vengono semplicemente contrassegnati dal numero di particella.
I nomi di strade e piazze prendono forma e sostanza.
Si apre la stagione degli odonimi, la nuova scienza toponomastica prende forma.
A sì, cos’è un odonimo: è il
termine indicante il nome proprio assegnato a una via, a una piazza, a ogni
«area di circolazione», cioè «ogni spazio (piazza, piazzale, via, viale,
vicolo, largo o simili) del suolo pubblico o aperto al pubblico destinato alla
viabilità[1].
I documenti individuano:
La
contrada ovvero strada di luogo abitato ma anche il rione,
il quartiere; Peveranza viene divisa in 3 Contrade:
·
Contrada del Castello (C. Saporiti – Castelfidardo).
·
Contrada di Santa Maria Assunta (C. Cattaneo).
·
Contrada della Piazza (A. Bertani).
Le
vie principali esterne:
• Strada
comunale che da Peveranza mette a Rovate;
• Strada
comunale per Rovate – via Vico-Seprio-;
• Strada
comunale che da Peveranza mette a Vico-Seprio;
• Strada
comunale che da Bolladello mette a Peveranza;
• Strada
comunale per Cairate;
La strada
vicinale/consortile è una
strada fuori dal centro abitato e costruita su un suolo privato. In Italia la
strada vicinale è una via di comunicazione, di fatto, costruita per accedere ad
una serie di fondi o generalmente per
collegarsi ad una pubblica via[2].
Le strade vicinali sono costituite ex collatione
privatorum agrorum e cioè mediante conferimento delle aree da parte dei
proprietari dei fondi latistanti e dei fondi in consecuzione. Assumono
carattere pubblico, allorché adducono a luoghi pubblici di interesse generale e
vengono utilizzate abitualmente dalla generalità dei cittadini.
Le vie Consortili:
• Strada
consortile detta della Brughera;
• Strada
consortile detta del Bosco;
• Strada
consortile detta dei Vallass;
• Strada
consortile detta del Tempestin;
• Strada
consortile detta della Mornera;
• Strada
consortile detta delle Giere (della ghiaia);
• Strada
consortile detta del Basson;
• Strada
consortile detta del Praventino;
• Strada
consortile detta dei Vignasc (delle vigne);
• Strada
consortile detta del Prà Moscatel;
• Strada
consortile detta dei Roncasc (dei ronchi);
• Strada
consortile di Ronco di Bosio;
I Rii:
• Rio
della val dei Frà;
• Rio del
Vigan che converge nel Rio dei Frà e attraversa come Scolo del Riale Peveranza
sfociando nel Tenore;
• Scolo
che converge nel Rio dei Frà e attraversa Peveranza sfociando nel Tenore;
Le
Cascine:
Cassina nuova Roncaccio;
presumibilmente per la sua vicinanza ai ronchi di Bolladello/Peveranza la via
che la affianca è detta Consortile
dei Roncasc che arriva al confine di Bolladello passa attraverso il Rile e
prende il nome di Comunale ai
boschi dette Vignasce. E’ qui evidente il riferimento ai gradienti
circostanti lavorati dall’uomo, trasformati in terrazzamenti per coltivazioni
quali la vite. Alla data del 1722 era di proprietà delle RR MM di S. Martino e
definta brughera boscata a Castanile da
taglio. Alla data del censimento del 1854 è censita alla particella 832
come casa colonica (S4) e 833 come brughera boscata dolce in proprietà ai
fratelli Saporiti Ambrogio, Giuseppe e Antonio del fu Giovanni detti
Giovaninet.
Cassina Biello; Un
toponimo antico per i nostri luoghi, così è scritto nel Catasto di Carlo V alla
data del 1550: Heredi biello di
Bedo m Caira Pertiche 1, dove sia questa pezza di terra non è dato sapere;
ci indica una possibile origine del toponimo, con provenienza cairatese e poi
per convenzione e sostituzione, alcuni degli abitanti della cascina, i Macchi, presero
questo soprannome. Indicata nei Sommari del Teresiano e quivi già attestata con
il n. 334 nella tavola del catasto teresiano è circondata da terreni di
proprietà del Mazenta aratorio 255 e aratorio avitato con moroni 258 nel
sommario del 1722 non compare ne il 258 ne il 334, mentre nel S. del 1750
risultano i mappali 258 sub 1 e 334 essere a livello a Macchio Antonio Maria qm
Giuseppe la proprietà Giovanni Antonio Ambrosoglio qm Angelo Maria. Il Macchi
detto il Biello in quanto testimone
in atto di matrimonio del 1566 attesta quanto scritto. Nel 1857 l’edificio
risulta essere di dimensione maggiore e molto frazionata le aree di contorno
sono suddivise in più mappali e la cascina Biello, così identificata in mappa è
distinta dai mappali 714 (M6), 715 (M5) e 716(M9) poi si aggiunge,
probabilmente un ampliamento, il numero 1048 molto probabilmente frutto del
frazionamento del 713. Risultano residenti: Macchi Francesco Giovanni qm Carlo
Antonio detto Biei 714; Macchi Francesco, Giovanni ed Angelo
fratelli del qm Andrea detti Milano, livellari a Mazzucchelli
Maddalena vedova Magnaghi 715. Macchi Giuseppe qm Luigi detto Zappin
716. Macchi Angela e Giuseppa-Carolina sorella di Francesco, livellaire a
Puricelli Guerra Giuseppe. Come si può vedere il soprannome qui è decisamente
indicante i vari rami famigliari o la provenienza di questi ceppi dei Macchi.
Cassinotto Val di Marello, di
contenute dimensioni ed evidentemente riferita nel toponimo a nome di persona
di cui abbiamo già scritto. Potremmo azzardare come nel Catasto di Carlo V
aggiornamento del 1619, appaiano Giovanni et Francesco fratelli detti de
Machi detti de Marelli che acquistano un bene di
proprietà del q. Andrea Martignono, ma si tratta di mera ipotesi.
Perché l’elenco? perché anche in questo caso troviamo
indicazioni importanti e informazioni che ci permettono di verificare molte
questioni lasciate irrisolte dai documenti o dalle mappe precedentemente
analizzate. Troviamo alcuni toponimi interessanti vale la pena analizzarli.
Rio
del Vigan: Il Viganum è una parte di terreno comune a
tutta la popolazione, e ha l’obiettivo di garantire un minimo di reddito ai
contadini. Le consuetudini dicono che le terre vicanali non possono essere
divise o vendute se non con il consenso di tutti i vicini (la popolazione che
ha i diritti sul viganum) e del dominus che percepisce una parte della metà di
esse proporzionata alla quota di districtus (territorio) che ha sul locus
(luogo, villaggio)[3].
Quindi noi sappiamo che vi era in quella zona, un area di uso comune a tutti gli
abitanti di Peveranza.
Rio
di Frà: presuppone una presenza di frati nel territorio o
di proprietà di frati ed infatti 30 pertiche di Brughera nuda (oggi bosco) alla particella n. 9 individuate nel
sommarione del catasto teresiano ci dicono che i RR. Padri Conventuali[4]
di Biumo sopra Varese ne erano i possessori, a conferma di ciò nel elenco dei beni
del 1550 vi è una proprietà definita Brughera di pertiche 25 in possesso dei RR
Frati del Santo Francesco in Varisio, da qui una possibile origine del toponimo.
Chissà per quali remoti passaggi di proprietà arrivò a questo Convento la pezza
di terra qui censita in quanto unico possesso di detto conduttore.
Val
di Vigna: Successivamente in mappa IGM su base del 1884 e
aggiornamento del 1933, troviamo il toponimo val di vigna, posta tra l’abitato di Peveranza e Bolladello, in
posizione favorevole, vi troviamo terrazzamenti, oggi boscati, ma che sono di
natura umana, che nel corso del XVIII/XIX secolo risultano a vite, ve ne è già
traccia nel teresiano, particella 68 pertiche 9,17 arativo avitato.
Quando qualcuno accenna ridendo al vino delle
colline di Cassano Magnago, perché non ve né traccia oggi, bè si deve
ricredere, qualche secolo fa l’uva la si coltivava e la si spremeva anche qui e
il vino veniva commerciato, ricordate l’episodio testimoniato nelle pagine
dedicate al libro dei morti?
Il povero Carlo Fontana perse la vita conducendo
un carro da vino a Sarono per sua fatal disgrazia restò fracassato sotto il
carro vicino a Giranzano.
[1] Enc. Treccani.it.
voce: Odonimi. », come stabilisce un decreto del presidente della
Repubblica (DPR) del 1958 seguito alla legge n. 1228 del 24 dicembre 1957
[3] E. Restelli, Lonate
Ceppino, ricostruzione storica, 1984. Pg. 34.
[4]http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/11500601/?view=toponimi&hid=
Convento maschile dei carmelitani scalzi. Dalla nota degli
affiliati al convento allegata al piano governativo di sussistenza dei
carmelitani scalzi [ante 1779], risultano presenti diciassette religiosi e
cinque laici professi (Culto, Carmelitani scalzi, Biumo Superiore, "N. 15.
Piano de PP. Teresiani Scalzi colli corrispondenti Allegati, Relazione e Conti
del Rag.to d'Ufficio Crivelli"). Tra la documentazione superstite del
convento, la notificazione degli acquisti effettuati dal principio del XVIII
nella giurisdizione del Seprio superiore, comunicata a tenore della regia
prammatica 5 settembre 1767 (Culto, Santissima Trinità, Biumo Superiore, fasc.
1). Fu soppresso con istromento 17 messidoro anno VI rogato da Verati Francesco
Antonio notaio di Milano, in esecuzione della determinazione 11 messidoro anno
VI del direttorio esecutivo della repubblica cisalpina, che stabiliva la
soppressione e concentrazione di corporazioni religiose nei dipartimenti del
Lario, Verbano e Montagna; i frati furono traslocati nell'ex Certosa di Pavia
(Soppressione corporazioni religiose, 11 messidoro anno VI); la vendita del circondario del convento
avvenne nel 1799, quella dei beni nel primo decennio del XIX secolo;
l'affrancazione dei livelli si protrasse fino agli inizi degli anni '30 del XIX
secolo (Amministrazione del Fondo di Religione, convento della Santissima
Trinità, Biumo Superiore).
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