Capitolo XXXXII
L A “MASSARIA” DI PEVERANZA
La Masseria è un bene che appartiene a terzi ed è amministrata da un
Massaro, cioè un amministratore che dirige governa e gestisce terre e sedimi,
in pratica il capofamiglia lavora e divide con il possessore dei fondi (il
solito nobile o le congregazioni religiose) i frutti e gli utili della
coltivazione stessa. La parola Livello[1] che
ritroviamo in tutti gli strumenti pubblici redatti dal 1500 in poi (parlo di
Peveranza ovviamente) ci da una forma più medievale del contratto di affitto
con canone o censo. Come sappiamo nel nostro territorio, le proprietà
principali fanno capo a concedenti/livellari come visto dal sommario del
Catasto Teresiano.
ACCADE CHE NEL
MESE DI MARZO DI NOSTRO SIGNORE…
La storia ogni tanto ci riconsegna tracce del passato che si pensava
impossibile ritrovare. Questo breve capitolo è dedicato al cortile che fu di
proprietà delle RR. Madri di S.
Martino in Varese.
Descrizione della
Massaria del 1657
Consiste in una cucina in confine col sign. Canonico
Antonio Castiglione con sopra una camera segue una stalla con sopra fienile,
seguono tre altre cucine con sopra solari a tetto, n. 3. Con scale di legno,
piede di cotto con sotto … due passi di portico in terra tutti coperti de
coppi, corte e orticciolo coerenze con strada da una parte altra il sign Can.
Antonio Castiglione, dall’altra strada e dall’altra Modesto e fratelli
Castiglioni.
TOPONIMI - I toponimi già in uso per distinguere le pezze di terra:
Il Praventino, il Chioso et il Vignolo, Sgribba
Superiora, Giudiego, Chiosetto, Prato Moscatello, Magarolo, prato Guascone, Bosco
di S.to Vito, Selva da Cima, il Broletto in Cairate, terra
avitata detta la Stopada, La Valalla.
Il Tetto in coppi di laterizio! Erano forse fatti nella fornace di
Peveranza del Marchese Magenta o di chi v’era prima di lui in possesso?
NOTA A MARGINE: S.to Vito[2]
è un toponimo che si ritrova nelle mappe catastali
ottocentesche del territorio di Castelseprio, in prossimità del ponte sul
Tenore, nominandosi così una strada Comunale dove vi era insediata una chiesa a
lui dedicata, a testimonianza di ciò abbiamo il Liber del Bussero che ci
tratteggia un “Castro Seprio. Ecclesia
Sancti Viti”[3].
Pur non avendo poi tracce successive e presumendo quindi una sua decadenza e
distruzione, sappiamo dal Sironi[4]
che: Ove quei di Castelseprio, di Rovate
e Peveranza usavano, e usarono anche dopo il 1287, incontrarsi, ogni anno,
forse in scia di antichissimi riti.
Era questa altresì una strada decisamente importante congiungendo questa
Castelseprio a Rovate e oggetto di una decisa discussione tra i Rovatesi,
badate bene i Rovatesi[5]
e l’Archinti qui costruirono un ponte in territorio di Castelseprio, questo ci
racconta di quanto fosse importante quella via di comunicazione, sbocco per
quella comunità verso i territori di Castelseprio e soprattutto Cairate.
[1]Treccani.it livèllo2 s.
m. [dal lat. libellus, propr. «libretto» (v. libello), poi «atto scritto, documento»,
e di qui il sign. che segue]. – Particolare figura di contratto agrario,
largamente diffuso in Italia , per il quale
un proprietario terriero (concedente) dava una terra in
godimento ad altra persona (livellario), per un certo
periodo di tempo e a determinate condizioni che può consistere sia in una somma di danaro sia
in una quantità fissa di prodotti naturali. Lo stesso termine indicava anche ciascuno
dei due documenti di ugual tenore che si scambiavano a reciproca garanzia il
concedente e il livellario, e il compenso (di regola
un canone annuo) che quest’ultimo era tenuto a corrispondere al proprietario.
[2]
http://www.santiebeati.it/dettaglio/57300.
San Vito fa parte dei 14 Santi Ausiliatori, molto venerati
nel Medioevo, la cui intercessione veniva considerata particolarmente efficace
nelle malattie o specifiche necessità. Il suo culto si diffuse in tutta la
Cristianità, colpiva soprattutto la giovane età del martire e le sue doti
taumaturgiche, è invocato contro l’epilessia e la corea, che è una malattia
nervosa che dà movimenti incontrollabili, per questo è detta pure “ballo di san
Vito”; poi è invocato contro il bisogno eccessivo di sonno e la catalessi, ma
anche contro l’insonnia ed i morsi dei cani rabbiosi e l’ossessione demoniaca. Protegge
i muti, i sordi e singolarmente anche i ballerini, per la somiglianza nella
gestualità agli epilettici. Per il grande calderone in cui fu immerso, è anche
patrono dei calderai, ramai e bottai.
[3] A. Deiana, D.
Dalla Gasperina, I Parroci e la comunità della Parrocchia de SS. Nazaro e Celso
in Vico Seprio – Castelseprio, ERA Ed. 2010, Castelseprio. Pg. 3.
[4] P.G. Sironi,
Castelseprio Storia e Monumenti, Colombo Tradate 1987. Pg. 42.
[5] G. Fimmanò, A.P.
Guenzani, Rovate nel passato: i fatti, il territorio, le famiglie, ed. Colarco,
2003 .pg.87.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.