Capitolo XXXXIV
SPACCATO DELLA VITA RURALE NEL 1747
Abituati a leggere descrizioni di beni e di sedimi, cioè di case e di
terreni dovendoli in molti casi immaginare per com’erano, improvvisamente
all’apertura di un Pezzo presso
l’Archivio di Stato di Milano[1],
ecco apparire una planimetria datata 9 novembre 1747 e riferita all’immobile di
possesso delle RR.MM. di Varese.
Leggiamo prima la descrizione della Massaria:
Possedono le RR. Madri di S. Martino di Varese nel luogo di Peveranza Pieve di Gallarate una casa rustico verso tramontano, con Aja, che al longo si stende verso mezzodì; e dalla parte di levante vi è coerente una casa rustico e corte di Gioseppe Saporito come livellario del Beneficio canonicale di Castiglione in oggi posseduto dal M.R. Sign. Canonico Carlo Appiani.
Possedono le RR. Madri di S. Martino di Varese nel luogo di Peveranza Pieve di Gallarate una casa rustico verso tramontano, con Aja, che al longo si stende verso mezzodì; e dalla parte di levante vi è coerente una casa rustico e corte di Gioseppe Saporito come livellario del Beneficio canonicale di Castiglione in oggi posseduto dal M.R. Sign. Canonico Carlo Appiani.
Si ribadisce che l’eredità è Torriana, cioè, parte della proprietà delle
suore deriva dalla proprietà del defunto Marchese
Giò Paolo Torriano.
TOPONIMI – Anche in questo documento
la descrizione delle terre vede la presenza di molti campi con vigna e per
indicare il luogo, cioè dove il terreno è geograficamente riconoscibile ecco i toponimi,
tra questi ricordiamo:
Campogrande, della Roggia,
alle Pobbiette, la Vallazze,
Belmonte,
di Sett Pertich,
Campolongo,
Selva di Cima,
Val del Vigano,
Valle all’Acqua,
Valle del Pavù,
la Vigna in Bolladello.
Campogrande, della Roggia,
alle Pobbiette, la Vallazze,
Belmonte,
di Sett Pertich,
Campolongo,
Selva di Cima,
Val del Vigano,
Valle all’Acqua,
Valle del Pavù,
la Vigna in Bolladello.
La scrittura disquisisce di problemi di confine e di sopralzo di muri di
confine.
Un dato importante è legato alla vitalità e alla volontà del massaro Saporito di progredire, è indaffarato nel costruire ricoveri, alzare tetti, rendere insomma la sua attività efficace e produttiva e questa sua vitalità ad essere oggetto del contenzioso, non rispetta le regole di confine, non rispetta le parti e i diritti in essere, ma a lui in verità interessa solo e solamente sopravvivere ed avendo bisogno di ricoveri per implementare l’attività, che fa? Se li costruisce.
Un dato importante è legato alla vitalità e alla volontà del massaro Saporito di progredire, è indaffarato nel costruire ricoveri, alzare tetti, rendere insomma la sua attività efficace e produttiva e questa sua vitalità ad essere oggetto del contenzioso, non rispetta le regole di confine, non rispetta le parti e i diritti in essere, ma a lui in verità interessa solo e solamente sopravvivere ed avendo bisogno di ricoveri per implementare l’attività, che fa? Se li costruisce.
La planimetria che vedremo ci consegna un
rilievo semplice: individua una serie di locali contigui una stecca lineare (i
portici che vediamo oggi, sono un aggiunta successiva direi ottocentesca), vi
sono le proprietà confinanti, le strade non hanno nome (avrebbero dovuto averlo?
non credo), il cortile sembra più grande di quello odierno.
Ricordatevi il pozzo che vedete nella porzione a est del cortile, sarà
oggetto di contenzioso con l’altro vicino, la Pia Casa di Sta
Valeria, qualche anno più in là.
Nella descrizione dei beni della Massaria che viene effettuata dal sign.
Bernardo Lampugnani nei giorni 21 e 22 luglio 1747[2];
Si descrive la casa: 5 stanze al piano terra, 3 di sopra, stalla e cassina, portico e loggia, pozzo, polaio, porcile, corte.
Si descrive la casa: 5 stanze al piano terra, 3 di sopra, stalla e cassina, portico e loggia, pozzo, polaio, porcile, corte.
[1] ASM, Archivio
generale del Fondo di Religione, Pezzo 3895.
[2] ASMi, Archivio
generale del Fondo di Religione, Pezzo 3895.
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